© foto Richard Khoury
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L'Après-midi d'un faune
Testi scelti e curati da Carla Stella
Voce recitante: Carla Stella
Musiche originali del maestro Patrizio Fariselli
Il poemetto che ispira questo spettacolo e che incarna lo spirito della poetica simbolista, è stato scritto intorno al 1865 da Stéphane Mallarmé come monologo in versi per una rappresentazione teatrale. Esiste infatti una prima versione del Fauno chiamata Monologue d'un Faune che contiene molte note e didascalie teatrali. Ma la proposta non convinse alcuni amici del poeta che dovevano promuovere il progetto. Così' Mallarmé preferì rimaneggiarlo e pubblicarlo molti anni dopo, nel 1876, con il titolo Après-midi d'un Faune (dopo una seconda versione intitolata Improvisation d'un faune), consegnando alla storia letteraria uno dei capolavori assoluti della poesia, un'opera complessa, raffinata ed in linea con i canoni estetici più suggestivi dell'epoca.
La trama racconta di un fauno che in un caldo pomeriggio d'estate appare all'improvviso in una radura ricca di sole, di luce, d'acqua, dove abbonda il giunco selvatico e dove regna incontrastata la bellezza, l'armonia dei colori e dove, come in una visione, irrompono soavemente le ninfe. Il fauno le insegue, trasportato dall'estasi e da una irriverente sensualità. O forse, immagina di inseguirle. E qui, a corrompere la deliziosa tavolozza impressionista, s'insinua prepotentemente il guizzo dubbioso dell'immaginazione onirica: “Ho amato un sogno?” Il gioco tra realtà e fantasia, tra la verità e la menzogna fantastica si fa pressante, fino a toccare l'apice dell'ebbrezza sognante quando, attraverso il chicco d'uva del quale succhia l'essenza luminosa, il fauno si diverte a gonfiare d'aria i chicchi vuoti per poi ammirarli in un turbine di sogno e di stordimento dei sensi.
Ma il testo che viene presentato, si apre in realtà con un percorso di matrice joyciana, attinto dal primo romanzo di James Joyce, Dedalus, (Ritratto di artista da giovane), un'opera in cui l'autore tratteggia il cammino di un giovane ispirato dall'arte, disseminato qua e là da molteplici tratti narrativi altamente simbolici, che richiamano fortemente la poetica del Fauno, laddove l'ispirazione assume un richiamo ed un ruolo centrale nell'immaginazione estetica e spirituale.
E termina, dopo una lunga ed appassionata rappresentazione mallarmeana - quasi una sinfonia in tre tempi, come una parte della critica suggerisce per Il Monologo, L'Improvvisazione e Il pomeriggio del Fauno -, con il “rapimento dell'artista”, sollecitato da uno dei più intriganti lavori poetici nietzschiani, I ditirambi di Dioniso, l'ultima opera del filosofo-poeta tedesco scritta prima del sonno della follia che chiude la sua straordinaria parabola artistica ed esistenziale.
Così, attraverso un violento eccitamento dell'animo, quasi un urlo dionisiaco di piacere e di selvaggia sfrenatezza, si fa largo tra i versi con immagini maestose e cariche di violenza oracolare, l'uomo di conoscenza, a lanciare in alto e sigillare il messaggio nietzschiano: l'uomo che ama gli abissi (la conoscenza) non deve mettere radici e quindi se si ama l'abisso ali bisogna avere e, soprattutto, che l'uomo sia bandito da ogni verità, perché è solo un giullare e solo un poeta.
Joyce, Mallarmé, Nietzsche, ovvero l'ispirazione, il sogno, il rapimento “rapace” dell'artista, uno stesso linguaggio, uno stesso ordinamento simbolico del mondo, una stessa “corrispondenza” ideale ed artistica che schiude ed anticipa una lunga e fruttuosa esperienza estetica.
Nel 1894 Claude Debussy scrisse il poema sinfonico Prélude à l'après-midi d'un faune, che fu considerato il prototipo dell’Impressionismo musicale, ispirandosi direttamente al poemetto di Mallarmé.
Il suono di quell’opera allunga i suoi echi anche in questo allestimento, ma solo in apertura: una citazione di pochi secondi, quasi irriconoscibile nella sua elaborazione elettronica, il cui unico scopo è quello di distillarne una singola nota, un la centrale, il diapason da cui ha origine e si sviluppa il lavoro di improvvisazione che caratterizza l’impianto musicale dello spettacolo; musica per pianoforte e live electronics, in cui l’estemporaneità dell’invenzione pianistica si insinua negli interstizi della parola, a rincorrerne l’emozionalità, senza quasi mai sovrapporsi a essa.
Se è vero che il pensiero simbolico in quanto tale si annulla nel fluire della musica, è forse altrettanto vero che solo l’imprevedibilità dell’improvvisazione riesce a tenere il passo e a confrontarsi con la follia dionisiaca del Fauno “alato”.
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